CIALI’. RICORDI NOSTALGICI DI UNA MAESTRA DI SCUOLA IN UN PAESINO DELLA CALABRIA COSENTINA


Dopo pochi giorni dall’inizio della mia attività di maestra nella scuola pluriclasse di Salice di Belmonte Calabro conoscevo un po’ tutti gli abitanti.

La mancanza delle comodità della mia bella città di provenienza (Reggio Calabria) era in parte sopperita dalla cordialità,affettuosità di tutte le madri della mia scolaresca e dal rispetto della popolazione.

Poiché nella frazione non c’era nessun negozio di generi alimentari le signore che al mattino scendevano in paese per gli acquisti bussavano alla mia porta per chiedermi  se avevo bisogno di qualcosa.

Mi colpì il “religioso” rispetto per la corrispondenza.

Infatti se si affidava una lettera da spedire come pure le lettere che la postina consegnava per le altre persone venivano custodite nel petto come cosa sacra.

Un mattino, al termine del primo turno di lezioni, affacciatami davanti la porta della classe per suonare il corno di bue che sostituiva   il suono della campanella, vidi sdraiato, nello spiazzo antistante che divideva l’aula dalla mia abitazione, un grosso cane.

Chiesi agli alunni di chi era il cane e tutti risposero il nostro.

Era un cane senza padrone che si era stabilito nella frazione divenendone la mascotte.

Il nome “Cialì “ gli venne dato dal sig. Domenico Provenzano che, all’epoca, era consigliere comunale.

Appena gli alunni del primo turno uscirono il cane saltellando di gioia si unì a loro.

Da allora, soprattutto nelle belle giornate, fu una scena consuetudinaria vedere Cialì che aspettava gli alunni che uscivano da scuola per unirsi a loro nella strada di ritorno.

Sebbene non avevo dimestichezza con gli animali  cominciai a guardarlo in modo meno diffidente ed anch’io gli diedi più volte da mangiare.

Alcune volte ho assistito, cosa che mi sorprese molto, che dopo essere stato rimproverato da qualche ragazzo, Cialì porgeva la zampa come per dire “facciamo pace”.

Mi resi conto che era un cane al quale “mancava la parola”.

In occasione delle vacanze per la festività della Santa Pasqua mi recai a Reggio Calabria per vivere la festa con tutta la famiglia.

Di buon mattino insieme ad alcune donne , che scendevano ad Amantea  per vendere i cestini che avevano realizzato e prodotti ortofrutticoli ,mi incamminai lungo la mulattiera per raggiungere il centro del paese e prendere la corriera che collegava il paese con la stazione ferroviaria di Belmonte.

Mi accorsi che Cialì era con noi.

Per tutto il tragitto un po’ ci seguiva ed un po’ correva in avanti per poi tornare ad unirsi a noi.

Mentre mi accingevo a salire sulla corriera vidi il cane fermo che mi guardava ed istintivamente gli dissi ciao e gli accarezzai la testa.

Egli per tutta risposta mi porse la zampa.

Con mia grande sorpresa lo rividi alla stazione ferroviaria.

Non aveva seguito le donne che andavano ad Amantea.

Gli gridai “vai a casa”  ,ma non si mosse.

Mentre salivo sul treno mi accorsi che Cialì si era infilato sotto il treno con il rischio di farsi stritolare.

Informai il capostazione che si accingeva con la classica paletta a dare la partenza il quale  tirò una pietra al cane facendolo uscire da sotto il treno.

Durante il viaggio più volte mi chiedevo se Cialì sarebbe stato capace di ricordarsi la strada per il ritorno nella frazione.

Quando terminarono le brevi ferie pasquali nello accingermi a ripartire mia madre mi diede un pezzo di pesce stocco che teneva in ammollo raccomandandomi di tenerlo in ammollo ancora per qualche giorno  prima di cucinarlo.

Giunta a destinazione misi i pezzo di pesce stocco in una pentola con acqua che misi nel balcone per evitare che la stanza si impregnasse dell’odore non molto gradevole del pesce stocco che unito

all’odore del braciere e del lume a petrolio avrebbe reso l’aria troppo pesante ed irrespirabile.

L’indomani mattina continuai a lasciare il pesce stocco nel balcone che aprii per rinnovare l’aria della stanza e chiusi la porta con la grossa chiave che aveva l’impugnatura ad O.

Lasciai, come facevano tutti perché nel villaggio non c’era pericolo di ladri, la chiave attaccata alla porta ed entrai in classe.

Quando terminai le lezioni trovai la porta di casa aperta ed intravidi Cialì che scappava tenendo qualcosa in bocca.

Entrai in casa e vidi che la pentola nel balcone era rovesciata e vuota  e tutto il pavimento della stanza dal balcone alla porta erano bagnati.

Non so esattamente come, forse saltando più volte per far girare la grossa chiave, Cialì era riuscito ad entrare .

Sulle prime mi adirai, poi pensando alla paura che avevo provato per il rischio che Cialì potesse  essere stritolato dal treno mi dissi pazienza –

Mi consolai  programmando per l’indomani di farmi comprare ad Amantea del Baccalà (in quella zona non conoscevano il pesce stocco) tanto sempre di Merluzzo si trattava.

Per un certo periodo di tempo Cialì  non si fece vedere davanti la scuola.

Poi, forse perché rimproverato da qualcuno, venne mugulando e mi porse la zampa.

 

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